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2 mar 2011

Non si può non comunicare


L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. Dovrebbe essere ben chiaro che il semplice fatto che non si parli o che non ci si presti attenzione reciproca non costituisce eccezione a quanto è stato appena asserito. L’uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola calda affollata, o il passeggero d’aereo che siede con gli occhi chiusi, stanno entrambi comunicando che non vogliono parlare con nessuno né vogliono che si rivolga loro la parola, e i vicini di solito ‘afferrano il messaggio’ e rispondono in modo adeguato lasciandoli in pace. Questo, ovviamente, è proprio uno scambio di comunicazione nella stessa misura in cui lo è una discussione animata.
E neppure possiamo dite che la comunicazione ha luogo soltanto quando è intenzionale, conscia, o efficace, cioè quando si ha la comprensione reciproca. Che il messaggio emesso eguagli o meno il messaggio ricevuto rientra in un ordine di analisi importante ma diverso, in quanto in definitiva deve basarsi su valutazioni di dati specifici, introspettivi, riferiti dal soggetto, cosa che abbiamo deciso di trascurare nell’esposizione della teoria comportamentistica della comunicazione. Sul problema della comunicazione fraintesa il nostro interesse, date certe proprietà formali della comunicazione, è rivolto allo sviluppo delle patologie attinenti, indipendentemente dalle motivazioni o dalle intenzioni dei comunicanti (anzi, malgrado esse).

Watzlawick P., “Pragmatica della comunicazione umana”, Astrolabio, pag. 43

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